Hanami……la mia prima volta in HRC
di Martino Bianchi
L’inizio della primavera mi ricorda la mia prima volta in HRC in Giappone. Ero già stato in Giappone in precedenza, con Franco Picco in Yamaha per i test della Super Tenerè nel 1988 e a Suzuka per un GP di motocross con Micky Dymond nel 1991. Ma quella era una occasione speciale. Era fine Marzo 2013 e avevo da poco firmato un contratto che mi legava a HRC per tre anni ( che poi diventarono sei) come General Manager del Team HRC per la parte Rally. Ricordo che all’aeroporto di Tokyo mi venne a prendere un taxi nero con autista in divisa e guanti bianchi. Per riconoscermi la segretaria del mio capo Nakamoto san gli aveva stampato una pagina di internet dove c’era una mia foto della stagione MX nel 2012 con il team Husqvarna Ricci. Era la prima volta che arrivavo in Giappone da solo, probabilmente senza il Taxi avrei avuto difficoltà ad arrivare a Saitama, sede della HRC e di una parte della R&D di Honda. Arrivai nel periodo dell’Hanami, ovvero di quella tradizione antichissima dell’ammirare la fioritura degli alberi di ciliegio (Sakura). Un evento bellissimo ma che dura miolto poco, i fiori sono molto delicati e basta un po’ di vento o una pioggia debole che cadono per terra.
Per i Giapponesi l’Hanami ha diversi significati tra i quali il simbolo della fragilità , ma anche della rinascita e della bellezza dell’esistenza. Uno spettacolo incredibile che mi si è presentato ancor di più proprio all’entrata dell’HRC, dove mi lasciò il Taxi. Ero cotto da 12 ore di aereo, ricordo arrivai al mattino presto, ma Nakamoto san mi volle subito in ufficio per una riunione di presentazione e organizzare la settimana. Entrai e dovetti prima sottopormi a foto, stampa tesserino di riconoscimento, assegnazione armadietto (dove dovetti lasciare tutte le mie cose personali compreso il PC) e consegna dei vestiti. Si mi diedero pantaloni e giacca bianca, e cappellino che però non indossai quasi mai. I miei angeli custodi per i primi tre anni in HRC furono Katsumi Yamazaki, che era il project leader della CRF 450 Rally e Shigeki Haiashi ( qui con me nella foto) che invece si occupava di più di tutta la parte contrattuale e amministrativa del progetto.
Nakamoto invece è stato il mio capo per tutti i sei anni di HRC. Una personalità importante con un passato storico non solo in Moto GP ma anche in F1. Un giapponese atipico. Piuttosto espansivo, che conosceva il mondo, gli Europei e il nostro modo di lavorare. Venne alla Dakar un paio di volte ( nella foto qui lo vedete con Marc Coma) e si abituò facilmente ai ritmi massacranti della gara, come a dormire in tenda o viaggiare per 10 ore ininterrottamente. I meeting in HRC erano sempre interminabili. Così come i ritmi. Per loro lavorare 12 ore al giorno è quasi un’abitudine. Pensate che la mensa rimane aperta anche per la cena dalle 19 alle 21 e sono in tanti a fermarsi anche dopo cena. Entrare in HRC è stata una esperienza unica per la mia vita professionale. La precisa programmazione, la ricerca della perfezione e del raggiungimento degli obiettivi si viveva nella quotidianità e nell’organizzazione delle varie fasi del progetto. Tra i ricordi divertenti ci sono anche le sirene/canzoncine dell’intervallo e i 5 minuti di esercizi a corpo libero che ogni impiegato / meccanico / dirigente svolgeva dalla propria postazione di lavoro durante la lunga giornata per due volte al giorno accompagnate da un ritmo di esercizio scandito nell’autoparlante.
Una sola volta mi fecero entrare nel reparto corse di HRC, nell’officina che sorge all’interno del reparto esperienza. Mi aspettavo una palazzina modello ospedale, super tecnologica, ampia. Rimasi deluso. Lo spazio era angusto, vecchio. Tanti banchi prova. Tanta sostanza e poca appariscenza. La zona riservata alla moto GP era prioritaria. Poi il motocross con lo sviluppo per le moto destinate al campionato Giapponese. Il reparto Rally era distaccato in un diverso capannone. Per la prima vittoria mondiale nel 2015 di Tim Gayser all’entrata dell’R&D di Saitama dove ci lavorano oltre 1500 persone, prepararono un manichino di Tim sulla sua CRF 250, vicino a quella di Marc Marquez campione del mondo.
Poi le serate a cena con i dirigenti e i vari capiprogetto. La giornata lavorativa non finiva mai. Le posizioni al tavolo erano prefissate in base ai diversi incarichi e alle gerarchie. Qui si lasciavano andare, si poteva cominciare a socializzare a capire i loro caratteri, a memorizzare i nomi, così difficili per me inizialmente……e a bere Sake che sembra acqua…..ma poi te ne accorgi quando da seduto/ inginocchiato ….ti devi alzare in piedi!