P R O LO G O
s i c o r r e t r o p p o
E allora rimoduliamo la velocità: nello sport come nella vita.
Penso al mio lavoro. Negli ultimi dieci anni i canali attraverso i quali “corre” l’informazione sono cambiati come non lo hanno fatto in cento di storia. Rinnovato il supporto, si è adeguata per logica conseguenza la notizia, che viene per lo più prodotta e bruciata in spazi ristrettissimi da strumenti in continua evoluzione. Tutto corre a velocità elevatissima generando frenesia. Il tempo scivola via dietro la spinta di chissà quale modello matematico.
Le nostre discipline sono lo specchio di quanto appena descritto. Le moto di ultima generazione sono capaci di prestazioni straordinarie, e quel che utilizza il professionista del manubrio è a disposizione del principiante, dell’amatore, del semplice appassionato.
Quanto si può andare forte in una pista da cross? Tanto, forse troppo per gli spazi di cui si dispone. Nei mondi in cui evoluzione tecnica e tecnologica hanno prodotto un incremento delle performance verticali, si sono proporzionalmente sviluppati quegli aspetti dalla cui effi cacia dipende l’incolumità dell’atleta.
Nel Gran Premio del Mugello le Ducati raggiungevano una velocità prossima ai 350 km/h. Un dato impressionante che supporta una verità insindacabile: il Mugello dove si corre oggi non è quello di ieri, almeno se si pensa a spazi di fuga e misure di sicurezza. Per le stesse ragioni, anche alle protezioni dei piloti è stata posta grande attenzione.
Lo scorso settembre ci siamo ritrovati a Maggiora, e per tutti è stato naturale fare paragoni con l’omologa gara del 1986: il Motocross delle Nazioni. Cosa è cambiato in trent’anni al di là delle qualità di moto e piloti? Poco, davvero poco a parte la velocità di percorrenza in curva, in salita e in discesa. La mia non è una critica ad un impianto: una pista vale l’altra. Quel che voglio dire è che a fronte di una crescita esponenziale del binomio pilota/moto non vi è stato un proporzionale adeguamento dei tracciati.
Ma poichè negli impianti ci sono oggettivamente ostacoli strutturali insormontabili, forse sarebbe bene spostare l’attenzione verso moto e protezioni.
Chi mi conosce sa quale sia il mio attaccamento ai motori a due tempi di piccola cilindrata. Non sto ad elencare le ragioni di un legame morboso per evitare di annoiarvi con storie di un nostalgico che “tira su” con il naso quando sente bruciare del ricino da un vecchio ciclomotore (santo R30 sempre…).
Segnalo però un tema su cui riflettere: a che serve una 450 di ultima generazione se gli spazi per utilizzarla sono sostanzialmente quelli di un’epoca lontana? Un paradosso che si misura nel Supercross.
Ridisegniamo il volto del Motocross abbassando le cilindrate. Scrivo 125 e 250 cc. E non vado oltre…
EDOARDO PACINI
Direttore Responsabile